10 luglio 2005

Celano – Scanno (km 95)

Resoconto 10^ edizione del Giro dei Parchi d’Abruzzo

L’antefatto (a Celano)

“Le comodità allentano la volontà e limitano l’ardimento”: è per questo che la decima edizione del Giro dei Parchi d’Abruzzo si è svolta nel più autentico spirito del ciclismo antico. Alla partenza da Celano niente caffè (si sa che alza i battiti) e niente toilette. Il bar della stazione di servizio era ancora chiuso: il sordido gestore, all’apertura, ne pagherà le “profumate” conseguenze.

La cronaca della corsa

Foto ricordo e tutti in sella (tranne i pochi avveduti che hanno scelto il percorso breve). Il gruppo ciondola fino a Pescina e comincia ad allungarsi in prossimità di Gioia dei Marsi (703 s.l.m.). La salita del Passo del Diavolo è un ottimo spauracchio. Ne approfitta il Baldi scattando subito per anticipare gli scalatori. A questo punto, nonostante manchino un’ottantina di chilometri al traguardo, il gruppo esplode. De Cola e Fiorani sono subito in caccia. Sulla ruota Primavera. Dietro, tutti sgranati. Qualche chilometro in asfissia e si forma un gruppetto in testa (De Cola, Fiorani, Baldi) seguiti da Primavera (che paga i postumi di un infortunio invernale). Più indietro il Grillo (poco allenato ma sorretto dalla classe cristallina) e poi ancora la coppia immarcescibile (Loreti, Benedetti), il redivivo “toscano” (Antonuzzi), Stefano Nulli e tutti gli altri (da segnalare il ritorno alle corse dell’eroico Rastelli, reduce da un grave infortunio).

 

Andatura forsennata per il trio di testa: i due scalatori “impongono” il ritmo mentre il Baldi “si impone” di non cedere. Ecco finalmente la sagoma della chiesetta posta sul passo (1.400 s.l.m.).

 

La discesa, pedalabile e con vento contro, suggerisce di evitare azioni “da falco” e il gruppo si ricombatta presso il rifornimento di Pescasseroli (1.176 s.l.m.) da dove nel frattempo sono partiti “quelli del breve” trainati dal regolarista Partis sulla cui ruota si incolla Scaramella (un inatteso ma gradito ritorno).

 

Ordini di scuderia impongono un passo regolare finalizzato a transitare tutti insieme nel centro di Civitella Alfedena. Niente da fare: i “passistoni” presenti in gruppo (Benedetti e Mengoli davanti a tutti) intendono vendicare le pene inflitte loro in salita. Ad andatura forsennata si ridiscende la valle del Sangro, si doppia l’attacco della rinomata via escursionistica “la camosciara” e ci si ricompatta solo ai piedi della salita di Civitella. Slalom tra le bancarelle della festa paesana e secondo rifornimento garantito dal Club Pantani Di Luca. Si riparte con De Cola in testa ad imporre il ritmo al passaggio sul lago di Barrea. Da Villetta Barrea (990 s.l.m.) la strada si inerpica nel bosco. De Cola, con il vento in faccia non chiede cambi e, quando Baldi prova ad avvicendarlo, nuova “rasoiata” del ciclista sardo che fa male ai più (anche al granfondista Loreti che Fiorani decide di scortare in ossequio ad un vecchio sodalizio). Si forma un drappello con De Cola, Baldi, Primavera e Grillo. Quest’ultimo tenta un’azione dimostrativa che per l’appunto rimane tale. Si stacca il Grillo e si forma in testa un inedito terzetto con De Cola a menare le danze francobollato da Baldi con Primavera in terza ruota. Ad ogni tornante cambia il vento, e così la velocità che varia tra 20 e 25 km/h. Passo Godi è lontano e De Cola decide di salire regolare. Baldi respira ma intorno al 5° km impone un’accelerazione a cui non replica Primavera. Rimangono in due con il generosissimo De Cola impegnato a scandire il ritmo. Lo scollinamento sul Passo Godi (1564 s.l.m.) non cambia la situazione così come la tecnica discesa verso Scanno che viene affrontata dai corridori in piena sicurezza (70km/h con “rischi di dritto” su ogni tornante). 

 

Il dopocorsa (a Scanno) Dopo una “rapida” doccia corroborante, tutti a pranzo nel ristorante da Mirella in locale climatizzato arredato con gusto e con antica sobrietà. Il gestore si impegna a garantire una “sollecita” reintegrazione delle energie dissipate in corsa. Forzando la tradizione locale (in Abruzzo non ci sono risaie) si prodiga nel garantire ai ciclisti l’agognato cereale padano.   Si cura addirittura di servirlo a “cottura limitata” in modo da evitare pericolosi processi fermentativi in fisici alterati dallo sforzo. La mescita dei vini è – come sempre - ottima e abbondante. Peccato che i ciclisti presenti a tavola siano divenuti, improvvisamente, del tutto astemi!.

 

 

Il rientro a Roma

Dopo aver recuperato lungo le sponde del lago alcuni dispersi suiveurs (o meglio “suiveuses” trattandosi di signore), il pullman dei ciclisti si inoltra nelle splendide Gole del Sagittario (descritte da Dannunzio ne “La fiaccola sotto il Moggio” e percorse un tempo da un torrente impetuoso oggi ridotto ad un ridicolo rigagnolo a causa dell’invaso realizzato a monte) e, con alcune ardite manovre, supera l’antico borgo di Anversa d’Abruzzo (che ospita i ruderi di un antico maniero normanno). I pullman risale poi verso Cuculo, detto il paese dei Serpari, a ragione di un’antica festa patronale durante la quale statua del santo (S. Domenico?) viene portata in processione coperta di “cervoni” (elaphe quatorlineata), un innocuo ma molto dimensionato rettile locale. Difficile comunque che i ciclisti esausti e sprofondati nei sedili abbiano potuto apprezzare il panorama. Infatti, alla evidente stanchezza si è sovrapposta la improvvisa logorrea del rinvigorito Pertis il quale, abbrancato un microfono, ha arringato ininterrottamente gli astanti dando prova di essere un “autentico fondista”.

Ma per i malcapitati ciclisti il peggio doveva ancora arrivare. Infatti, a 15 km da Roma l’autostrada si è trasformata in un “fiume di lamiera”. Il casello della Roma-L’aquila voleva le sue vittime. E le ha avute. La maggior parte dei ciclisti, durante i tre quarti d’ora di attesa, ha avuto modo di ripercorrere con tragica puntualità tutto il trito canovaccio che contraddistingue la categoria: “mi ricordo di quella volta che ho staccato tutti in salita…”, “…chi si dopa dovrebbe essere prima torturato e poi fucilato nella schiena…”, “…le gran fondo sono ormai il ritrovo dei professionisti falliti…”, ecc. ecc.. Per fortuna il buon Pertis si è messo una mano sulla coscienza ed ha abbandonato il microfono. Alcune scene erano comunque raccapriccianti: il Baldi e l’Antonuzzi imprecavano contro la società Autostrade, De Cola ostentava una innaturale calma svizzera, il povero Pergola assumeva una curiosa posizione “buddista” tipo “coltello a serramanico” per evitare ristagni venosi ad un piede recentemente operato. Qualcuno ha chiesto di accendere il televisore: impietosamente l’autista ha decretato che era stato smarrito il telecomando.

Si è giunti a Roma all’imbrunire. Ad attenderci il furgone di Spedicato, organizzatore infaticabile (ed anche scaltro, visto che è riuscito ad eludere la coda al casello). La gran parte dei ciclisti si è rapidamente dileguata pedalando nell’oscurità su specialissime da migliaia di euro vestiti in abiti borghesi con inadatti calzari. A ben guardare è anche per l’autenticità di questo spirito che l’anno prossimo tutto ciò si ripeterà puntualmente e con grande entusiasmo.

Resoconto di  Marco Baldi

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