L’antefatto (a Celano)
“Le comodità allentano la volontà e limitano
l’ardimento”: è per questo che la decima edizione del Giro dei Parchi
d’Abruzzo si è svolta nel più autentico spirito del ciclismo antico. Alla
partenza da Celano niente caffè (si sa che alza i battiti) e niente
toilette. Il bar della stazione di servizio era ancora chiuso: il sordido
gestore, all’apertura, ne pagherà le “profumate” conseguenze.
La cronaca della corsa
Foto
ricordo e
tutti in sella (tranne i pochi avveduti che hanno scelto il percorso
breve). Il gruppo ciondola fino a Pescina e comincia ad allungarsi in
prossimità di Gioia dei Marsi (703 s.l.m.). La salita del Passo del
Diavolo è un ottimo spauracchio. Ne approfitta il Baldi scattando subito
per anticipare gli scalatori. A questo punto, nonostante manchino
un’ottantina di chilometri al traguardo, il gruppo esplode. De Cola e
Fiorani sono subito in caccia. Sulla ruota Primavera. Dietro, tutti
sgranati. Qualche chilometro in asfissia e si forma un gruppetto in testa
(De Cola, Fiorani, Baldi) seguiti da Primavera (che paga i postumi di un
infortunio invernale). Più indietro il Grillo (poco allenato ma sorretto
dalla classe cristallina) e poi ancora la coppia immarcescibile (Loreti,
Benedetti), il redivivo “toscano” (Antonuzzi) ,
Stefano Nulli
e tutti gli altri (da segnalare il ritorno alle corse dell’eroico Rastelli,
reduce da un grave infortunio).
Andatura forsennata per il
trio di testa: i due scalatori “impongono” il ritmo mentre il Baldi “si
impone” di non cedere. Ecco finalmente la sagoma della chiesetta posta sul
passo (1.400 s.l.m.).
La
discesa, pedalabile e con vento contro, suggerisce di evitare azioni “da
falco” e il gruppo si ricombatta presso il rifornimento di Pescasseroli
(1.176 s.l.m.) da dove nel frattempo sono partiti “quelli del breve”
trainati dal regolarista Partis sulla cui ruota si incolla Scaramella (un
inatteso ma gradito ritorno).
Ordini di scuderia
impongono un passo regolare finalizzato a transitare tutti insieme nel
centro di Civitella Alfedena. Niente da fare: i “passistoni” presenti in
gruppo (Benedetti e Mengoli davanti a tutti) intendono vendicare le pene
inflitte loro in salita. Ad andatura forsennata si ridiscende la valle del
Sangro, si doppia l’attacco della rinomata via escursionistica “la
camosciara” e ci si ricompatta solo ai piedi della salita di Civitella.
Slalom tra le bancarelle della festa paesana e secondo rifornimento
garantito dal Club Pantani Di Luca. Si riparte con De Cola in testa ad
imporre il ritmo al passaggio sul lago di Barrea. Da Villetta Barrea (990
s.l.m.) la strada si inerpica nel bosco. De Cola, con il vento in faccia
non chiede cambi e,
quando
Baldi prova ad avvicendarlo, nuova “rasoiata” del ciclista sardo che fa
male ai più (anche al granfondista Loreti che Fiorani decide di scortare
in ossequio ad un vecchio sodalizio).
Si
forma un drappello con De Cola, Baldi, Primavera e Grillo. Quest’ultimo
tenta un’azione dimostrativa che per l’appunto rimane tale. Si stacca il
Grillo e si forma in testa un inedito terzetto con De Cola a menare le
danze
francobollato da Baldi con Primavera in terza ruota. Ad ogni tornante
cambia il vento, e così la velocità che varia tra 20 e 25 km/h. Passo Godi
è lontano e De Cola decide di salire regolare. Baldi respira ma intorno al
5° km impone un’accelerazione a cui non replica Primavera. Rimangono in
due con il generosissimo De Cola impegnato a scandire il ritmo. Lo scollinamento sul Passo Godi (1564 s.l.m.) non cambia la situazione così
come la tecnica discesa verso Scanno che viene affrontata dai corridori in
piena sicurezza (70km/h con “rischi di dritto” su ogni tornante).
Il dopocorsa (a Scanno)
Dopo una “rapida” doccia corroborante, tutti a pranzo nel ristorante da
Mirella in locale climatizzato arredato con gusto e con antica sobrietà.
Il gestore
si impegna a garantire una “sollecita” reintegrazione delle energie
dissipate in corsa. Forzando la tradizione locale (in Abruzzo non ci sono
risaie) si prodiga nel garantire ai ciclisti l’agognato cereale padano.
Si cura addirittura di servirlo a “cottura limitata” in modo da evitare
pericolosi processi fermentativi in fisici alterati dallo sforzo. La
mescita dei vini è – come sempre - ottima e abbondante. Peccato che i
ciclisti presenti a tavola siano divenuti, improvvisamente, del tutto
astemi!.
Il rientro a Roma
Dopo aver recuperato lungo
le sponde del lago alcuni dispersi suiveurs
(o
meglio “suiveuses” trattandosi di signore), il pullman dei ciclisti si
inoltra nelle splendide Gole del Sagittario (descritte da Dannunzio ne “La
fiaccola sotto il Moggio” e percorse un tempo da un torrente impetuoso
oggi ridotto ad un ridicolo rigagnolo a causa dell’invaso realizzato a
monte) e, con alcune ardite manovre, supera l’antico borgo di Anversa
d’Abruzzo (che ospita i ruderi di un antico maniero normanno). I pullman
risale poi verso Cuculo, detto il paese dei Serpari, a ragione di
un’antica festa patronale durante la quale statua del santo (S. Domenico?)
viene portata in processione coperta di “cervoni” (elaphe quatorlineata),
un innocuo ma molto dimensionato rettile locale. Difficile comunque che i
ciclisti esausti e sprofondati nei sedili abbiano potuto apprezzare il
panorama. Infatti, alla evidente stanchezza si è sovrapposta la improvvisa
logorrea del rinvigorito Pertis il quale, abbrancato un microfono, ha
arringato ininterrottamente gli astanti dando prova di essere un
“autentico fondista”.
Ma per i malcapitati
ciclisti il peggio doveva ancora arrivare. Infatti, a 15 km da Roma
l’autostrada si è trasformata in un “fiume di lamiera”. Il casello della
Roma-L’aquila voleva le sue vittime. E le ha avute. La maggior parte dei
ciclisti, durante i tre quarti d’ora di attesa, ha avuto modo di
ripercorrere con tragica puntualità tutto il trito canovaccio che
contraddistingue la categoria: “mi ricordo di quella volta che ho staccato
tutti in salita…”, “…chi si dopa dovrebbe essere prima torturato e poi
fucilato nella schiena…”, “…le gran fondo sono ormai il ritrovo dei
professionisti falliti…”, ecc. ecc.. Per fortuna il buon Pertis si è messo
una mano sulla coscienza ed ha abbandonato il microfono. Alcune scene
erano comunque raccapriccianti: il Baldi e l’Antonuzzi imprecavano contro
la società Autostrade, De Cola ostentava una innaturale calma svizzera, il
povero Pergola assumeva una curiosa posizione “buddista” tipo “coltello a
serramanico” per evitare ristagni venosi ad un piede recentemente operato.
Qualcuno ha chiesto di accendere il televisore: impietosamente l’autista
ha decretato che era stato smarrito il telecomando.
Si è giunti a Roma
all’imbrunire. Ad attenderci il furgone di Spedicato, organizzatore
infaticabile (ed anche scaltro, visto che è riuscito ad eludere la coda al
casello). La gran parte dei ciclisti si è rapidamente dileguata pedalando
nell’oscurità su specialissime da migliaia di euro vestiti in abiti
borghesi con inadatti calzari. A ben guardare è anche per l’autenticità di
questo spirito che l’anno prossimo tutto ciò si ripeterà puntualmente e
con grande entusiasmo.
Resoconto di Marco Baldi |