PROBLEMI RELATIVI ALLA BICI SU MISURA

10. - INTRODUZIONE

17/11/02

 

Le immagini del nostro Giordani nella sua fuga a due durante la gara degli "under 23" ai  recenti campionati del mondo di Verona, le differenze delle corporature dei due ciclisti e delle loro posizioni in bici, mi hanno fatto un po' pensare della correlazione tra "misure del ciclista" e "misure della bici" ed ai problemi che devono studiare e risolvere i telaisti e gli assemblatori di bici. L'italiano Giordani, di statura piuttosto alta, nella sua stupenda azione, aveva le cosce che non raggiungevano la linea orizzontale mentre il suo compagno di fuga, di bassa statura, portava il ginocchio quasi - quasi sotto il mento.

 

Premetto subito che queste note non hanno la pretesa di dettare nuove leggi per il calcolo delle dimensioni della bici, ma sono solo una messa su carta di varie considerazioni che mi sono venute in testa guardando pedalare i miei amici (sono di diverse "stazze") ed anche, come detto prima, guardando con occhio "clinico" le trasmissioni televisive di ciclismo.

 

Ho pensato che sia abbastanza facile per un telaista, un costruttore, produrre una macchina per una persona normolinea, ma come si regolano con ciclisti di misure estreme? Nella mia gioventù ho lavorato molto nella bottega di ciclista di mio zio e mi ricordo ancora le difficoltà che lo zio, valente telaista, mi prospettava in presenza di certi "stangoni" di quasi due metri (a quell'epoca si arrivava a giuntare i tubi piantoni).

 

Cercherò qui di seguito di analizzare un po' i problemi e di dare una impronta tecnica al problema che mi sono posto.

 

10.1 - GENERALITA'

 

Voglio esprimere subito la mia idea in merito alle "misure"; io penso che oramai si dovrebbe usare il termine "BICI SU MISURA" e non più del "TELAIO SU MISURA".

L'accanimento della ricerca del "telaio su misura" aveva un sua logica quando i tubi reggisella e le "pipe" (gli attacchi dei manubri) erano tutti lunghi, anzi corti, praticamente allo stesso modo; solo per le bici da pista si costruivano attacchi "ad hoc", anche di lunghezza variabile.  

Oggi ci sono tubi reggisella ed attacchi per manubri di tutte le misure e quindi ci sono ampie possibilità di variabili; I telai Giant usati dalla squadra ONCE ne sono la prova tangibile

Mi sembra che si possa  asserire che la tendenza moderna, forse come eredità dalle MTB; è quella di diminuire le altezze dei piantoni, e quindi avere telai più rigidi, recuperando la giusta altezza con la lunghezza del canotto reggisella.

 

10.2 - PUNTI DI APPOGGIO DEL CICLISTA

Il ciclista usa la bici appoggiandosi su tre punti ben definiti anche dai Regolamenti F.C.I. la sella (glutei), il manubrio (mani) ed i pedali (piedi);  una volta fissate le posizioni reciproche di questi tre punti, in mezzo a loro, in via teorica, ci può stare tutto quello che si vuole (arriverà presto una regolamentazione che fisserà cosa ci può stare in mezzo) facendo salvi naturalmente i problemi di aerodinamica e di rigidità.

Il problema tecnico e geometrico sta appunto nel fissare la posizione reciproca dei tre punti. (i lati di un triangolo su un piano) in relazione alle lunghezze degli arti, del busto, delle attitudini del ciclista  e dell'uso che se ne deve fare della bici.

 

Dividerò il problema geometrico in due parti, la prima riguardante la distanza tra la sella ed i pedali (primo lato del triangolo) e la seconda riguardante la distanza tra la sella ed il manubrio (secondo lato del triangolo). Il terzo lato, essendo impostati anche gli angoli sarà un conseguenza geometrica.

 

10.3 - DISTANZA SELLA - PEDALI (lunghezza pedivelle)

Il piantone, con la sella, (che è la sua prolunga naturale e funzionale) e le pedivelle con i relativi pedali, sono gli elementi base che influenzano le angolazioni ed il movimento delle gambe, motore dei ciclisti, ed è quindi naturale che quasi tutta la bibliografia ciclistica si soffermi ampiamente sul problema (misure e posizioni).

 

Ho però notato che tanti sono gli autori e tante sono le soluzioni proposte; le differenze tra i dati proposti dai vari telaisti non sono eclatanti, ma sono differenze che possono disorientare il ciclista, diciamo pignolo, il quale potrebbe anche arrivare alla conclusione (come chi scrive) che il famoso "telaio su misura" non ha proprio quella grande importanza che si diceva.

 

A questo proposito, coinvolto anche personalmente per problemi di schiena, ho letto attentamente il libro di Zeno Zani (1) « le tecnopatie nel ciclismo ». E' un libro veramente interessante che consiglio ai ciclisti ed agli assemblatori di leggerlo con attenzione.

 

Ho preso in considerazione la  prima parte del libro dove sono indicate le posizioni ottimali delle cosce e delle gambe durante la pedalata, i dati ricavati li ho inseriti in un mio programma al computer ed ho messo a confronto questi dati ottimali con quelli derivati dalle dimensioni degli arti inferiori di un ciclista sotto esame, ebbene, il confronto tra le "misure personali" mie e della mia bici, ha dato una buona corrispondenza (con qualche leggero ritocco) e mi sono detto « tutto OK, finalmente dei dati teorici validi».

 

Ma mi ero un po' illuso; io sono piuttosto normolineo e quando ho usato lo stesso procedimento con le misure di un mio amico "gamba lunga" sono iniziate le difficoltà, sul disegno i piedi non  trovavano i pedali oppure i risultati non erano compatibili con la merce che offre il mercato; di conseguenza mi sono reso conto che i dati ottimali presentati dal libro e da tanti altri autori, devono essere ben ponderati, la bici deve essere progettata tenendo ben presente i seguenti dati di massima:

A) - per un ciclista di bassa statura è giocoforza  pedalare portando la coscia quasi ad essere orizzontale quando il piede si trova al PMS (Punto morto superiore), inoltre dovrebbe usare pedivelle di lunghezza inferiore ai fatidici 17 cm. ed avere un telaio col piantone "in piedi" (angolo con l'orizzontale attorno ai 76°).

 

B) - per un ciclista di alta statura le situazioni saranno opposte, cioè coscia ancora inclinata quando il piede si trova al PMS, pedivelle di lunghezza superiore ai 17 cm. e telaio con piantone "sdraiato" (angolo con l'orizzontale attorno ai 70°).

 

A sostegno di quanto sopra scritto, e sono sicuro che non è niente di nuovo, mostro ora qualche esempio grafico usando nel disegno diverse lunghezze di cosce per mettere in evidenza lo spostamenti verticale del ginocchio, che è l' indice approssimato dello spostamento verticale del piede.

Nella figura che segue sono indicate tre lunghezze di cosce, una di 70 cm., una di 50 cm. ed una di 40 cm. nelle due posizioni ottimali (Zani) corrispondenti al PMS ed al PMI del pedale. (angolo ottimale tra le due posizioni  = 43°)

Si nota che il ginocchio relativo alla coscia più lunga subisce uno spostamento verticale di 39 cm, quello relativo alla coscia di lunghezza intermedia subisce uno spostamento verticale di 28 cm e quello relativo alla coscia più corta uno spostamento di 22 cm.

 

                    (posibici)

 

 

Da questi dati si può quindi intravedere di come dovrebbero essere differenti le lunghezze delle pedivelle nei tre casi illustrati per una pedalata ottimale.

 

Ho scritto "dovrebbero" perché nella mentalità comune, sembra che l'allontanarsi dalla fatidica misura di 17 cm. sia una cosa da pazzi; secondo me invece i costruttori ed i rivenditori dovrebbero tenere presente questa variabile, come tengono presenti le varie lunghezze dell'attacco del manubrio.

Qui si deve tirare in ballo il problema commerciale, attualmente una pedivella di lunghezza diversa da 17 cm. si trova con una certa difficoltà e generalmente costa di più; è il classico cane che si morde la coda  (poca richiesta = costi alti / costi alti = poca richiesta). Se invece pedivelle di diversa lunghezze venissero usate come normalità da parte dei costruttori, il problema commerciale verrebbe a cadere ed i ciclisti delle diverse stazze pedalerebbero meglio.

Qualcuno può tirare in ballo il problema dell' agilità della pedalata che verrebbe a diminuire nel caso di pedivelle più lunghe di 17 cm, ma con le  pedivelle più corte allora il problema dovrebbe migliorare; ed ecco che allora si tira in ballo il problema della "forza", della "leva" che si accorcia con pedivelle corte, allora vanno meglio quelle lunghe!!

In altre parole i due fattori, agilità e forza, sono certamente due fattori contrastanti e naturalmente sono i due punti sui quali di volta in volta si basano gli strenui fautori della pedivella da 17 cm.

 

Con pedivelle lunghe potrebbe presentarsi qualche problema in curve particolari (toccare la strada col pedale interno) ma con un po' di esperienza il ciclista non terrà mai il pedale interno in quella posizione critica durante una curva, e poi i pedali moderni sono decisamente più stretti di quelli con i puntapiedi e cinghietti, conclusione, i problemi in curva sono trascurabili.

 

Per conoscenza generale elenco i dati sulla lunghezza delle pedivelle usate da alcuni professionisti:

Basso 170, Thurau 177.5, Adorni 175, Mercks 175 (record dell'ora) Baronchelli 175.(2)

 

A conclusione di questo argomento, si può dire che per ogni lunghezza di coscia e gamba  (o almeno a blocchi di misure) dovrebbe corrispondere l'uso di  pedivelle di lunghezza opportuna.

 

Lo stesso Hinault nel suo libro (3) consiglia le seguenti lunghezze  in relazione alla lunghezza degli arti inferiori, (misura presa dall'osso dell' anca a terra, con i piedi nudi)

 

lungh. arto infer.(cm)          lungh. pediv.(cm)

da 74 a 77                                          17

da 78 a 81                                          17,25

da 82 a 85                                          17,5

da 86 a 89                                          17,75

da 90 a 93                                          18

Per completare la "ricerca" ho analizzato al computer tre situazioni pratiche compatibili anche con quanto si può trovare sul il mercato.

 

                                                                                                                                                         (01)

 

Le tre figure illustrano le posizioni delle gambe relative a tre ciclisti, un "gambalunga", un "gambacorta" ed uno di mezzo; le "misure" delle tre situazioni sono le seguenti:

 

      lungh.    inclin.       dist. sella         ang. coscia        angolo di

      pediv.     piant.      piano pedale        al PMS             lavoro

 

A)   18,5         70°              130 cm                25°                   38°

B)    17           73°               93 cm                 21°                   39°

C)   16            76°               70 cm                 19°                   46°

 

Angolo di lavoro ottimale pari a ............................. .............43°

 

Se venisse usata la stessa classica pedivella da 17 cm. per le tre situazioni sopra descritte si otterrebbe una diminuzione dell'angolo di lavoro per  il caso A (già basso) ed un aumento dello stesso angolo per il caso C (già alto).

 

Da quanto detto sopra possiamo dire che sono stati individuati i due punti che ci eravamo prefissi, (un lato del triangolo) cioè la distanza tra il centro sella ed il centro del movimento (centrale) e la loro posizione rispetto una linea di riferimento (verticale od orizzontale).

Questi punti sono strettamente dipendenti dalle lunghezze degli arti inferiori del ciclista, comunque sono influenzati anche da "attitudini" del ciclista, come ad esempio il tipo di pedalata, se cioè pedala di "punta" o di "tacco", come pure dallo spessore delle suole degli scarpini, dallo spessore della sella e di quella del pedale ecc..

 

A completamento delle informazioni trovate in bibliografia (4) inserisco una tabella che illustra i dati ricercati, cioè la lunghezza del piantone, la sua inclinazione e lo svettamento della sella.

La colonna A+B+C rappresenta la somma delle lunghezze della coscia, della gamba e della distanza caviglia-terra

 

A+B+C

lungh. del piantone

altezza sella

angolaz. piantone

 

 

 

 

79

48,5

13,5

76

80

49,5

13,5

76

81

50

14

75

82

51

14

75

83

51,5

14,5

75

84

52,5

14,5

75

85

53

15

74

86

54

15

74

87

54,5

15,5

74

88

55,5

15,5

74

89

56

16

74

90

57

16

73

91

57,5

16,5

73

92

58,5

16,5

73

93

59

17

73

94

60

17

72

96

61,5

17,5

72

98

63

18

71

100

64,5

18,5

71

102

66

19

<70

 

 

 

 

 

Questi diagrammi sono la rappresentazione della tabella

 precedente

 

10.4  - TUBO  ORIZZONTALE  E  ATTACCO  MANUBRIO

 

Passiamo ora ad individuare il terzo punto del triangolo, cioè il punto di appoggio delle mani.

Sul manubrio da corsa ci sono tre punti classici di appoggio delle mani, in basso sulla curva (in piena azione), sulle leve dei freni (scatto, salita) e sul tratto orizzontale, che potrei dire turistica (se non fosse che il nostro Tafi vinse la Parigi - Rubaix con le mani in questa posizione); comunque nei grafici che seguiranno mi riferisco a quest' ultima posizione

 

Mi sembra che non esista molta bibliografia riguardante il problema che stiamo esaminando, sono pochissimi gli articoli che illustrano i  problemi derivanti dalla errata distanza tra sellino e manubrio, e perciò gli assemblatori si devono spesso affidare all'intuito, all'esperienza, alla pratica. ed alla collaborazione con l'utente per trovare la posizione ottimale.

Ma esiste questa collaborazione?? A giudicare da qualche ciclista che si vede penare lungo le strade appollaiato su una bici troppo alta e lunga o compresso in se stesso per non sbattere le ginocchia contro il manubrio, direi che ce n'è poca, o almeno non è sufficiente.

 

Chi compera, se non è un esperto, si adatta alla macchina che compera, la vede bella, lucida, di marca e le va bene (la bici è femmina); forse la sella è un po' alta, si rimedia subito, forse l'attacco è un po' lungo ma il rivenditore potrebbe avere qualche difficoltà a cambiarlo, forse il neo-ciclista vorrebbe dei rapporti più agili, «ma vuole scalare il muro?» interviene chi vende; e così dopo qualche sofferta uscita la bici finisce appesa al chiodo.

Così vanno a finire tanti possibili ciclisti che provano solo le pene dello sport più bello del mondo; comunque non voglio essere un pessimista, spero in  tanta collaborazione.

 

Torniamo alla ricerca del terzo punto del triangolo.

 

Prima di arrivare alle misure del ciclista (busto e braccia), bisognerebbe partire da un criterio di base per  sviluppare le restanti indagini,

Anche qui ho trovato poco bibliografia in merito, solo su un opuscolo della Giant ho trovato dei dati che ho considerato soddisfacenti. Qui vengono illustrate le posizioni angolari delle parti superiori del corpo in relazione al tipo di attività sportiva effettuata sia con bici da corsa che da fuori strada.

Le indicazioni  si riferiscono ai tre casi classici; "corsa", "cicloamatori / turisti" e "sport/città"; dato il carattere cicloturistico del mio discorso ho preso in considerazione i dati che appunto riguardano tale categoria (chiamata "experts" sull'opuscolo); i dati consigliati sono i seguenti: (gli angoli sotto elencati si riferiscono alla linea orizzontale)

 

A) angolo della linea ventre/stomaco/mento ...............da 15° a 30°

B) angolo della linea schiena .............................. ........da 45° a 60°

C) l'angolo intermedio della linea anca/spalla ....... .....da 30° a 45°

D) gomiti leggermente flessi............................. .............circa 135°

 

Tra la gamma di valori (C) é stata presa in considerazione per i calcoli e per il tracciamento dei grafici il valore di 45°,  una posizione poco corsaiola che però viene tenuta, durante le gite, per la maggior parte del tempo; naturalmente con una inclinazione più accentuata (30° - posizione più corsaiola) l'angolo tra braccio ed avambraccio diminuisce, a meno di spostare in basso le mani.

Le posizioni delle mani sulle leve o sulla parte bassa del manubrio sono posizioni particolari che normalmente un cicloamatore tiene per tempi brevi e che qui non ho analizzato.

 

                                                                                                                                                        

Le misure sono ben evidenziate sugli stessi grafici, il grafico A si riferisce ad un ciclista longilineo, il C ad un ciclista brevilineo ed il B ad un normolineo.

 

Risulta evidente che la lunghezza del tubo orizzontale deve aumentare con l'aumentare della lunghezza degli arti superiori, però questo aumento non può essere proporzionale alla loro lunghezza  perché per ragioni di rigidità, di centraggio del peso dell'uomo sulla macchina e per non aumentare troppo la distanza interassi, (che già tende ad aumentare man mano che il piantone diventa più inclinato) tale lunghezza, commercialmente, si "ferma" attorno ai 61 cm, di conseguenza la lunghezza totale ottimale (il terzo punto) si ottiene con opportune lunghezze dell' attacco manubrio.

Bisogna anche considerare la reale posizione del manubrio e delle leve dei freni; qualche ciclista tende a porre il manubrio e le leve in posizioni più rialzate rispetto ai canoni degli stilisti, la scelta di queste posizioni "alte" (che permette appunto di pedalare rimanendo più ritti) può dipendere da problemi di schiena, di adipe, dal tipo di respirazione ecc.

 

Dopo queste analisi mi sono un po' reso conto del perché i costruttori pubblicano pochi dati relativi alla lunghezza del telaio, questo parametro è difficilmente relazionabile con i dati antropometrici del ciclista perché la parte superiore del corpo non assume quasi mai delle posizioni standard; ad esempio la misura del tronco presa in posizione eretta cambia totalmente quando uno sale in bici, c'è chi pedala "raccolto", chi "ingobbito", chi "disteso", chi sta sempre seduto, chi si alza sovente sui pedali, ecc. ecc. e quindi la distanza anca/spalla e la sua inclinazione risulta essere un parametro estremamente variabile.

E quindi ritorno a dire che per determinare la posizione del terzo punto dalla sella (distanza e posizione verticale) occorre, oltre il dato di partenza di cui sopra, esperienza, intuito e collaborazione tra rivenditore e ciclista.

 

In molte botteghe, o "atelier" di ciclista è disponibile la bici a "sagoma mobile" della quale si possono variare quasi tutte la misure; su questo dispositivo il ciclista può trovare la sua posizione ottimale, che potrebbe anche essere diversa della posizione mantenuta finora, però rimane sempre il fatto che il ciclista deve provare la sua macchina su strada e ......per eventuali correzioni?? Ritorniamo alla collaborazione con chi vende.

 

La tecnologia di questi dispositivi sta facendo passi da gigante anche con l'ausilio dell'elettronica e del calcolatore e le nuove apparecchiature stanno per mandare in pensione tutto quanto veniva usato prima, addirittura i nuovi sistemi rilevano dati sulla "piegabilità" della schiena e arrivano a conformare la soletta personale da porre nei propri scarpini,....che ci mettono pure qualche "chip"??

 

A conclusione di quanto detto finora metto in evidenza, nel disegno che segue, il triangolo risultante senza considerare le pedivelle.

 

 

Il disegno si riferisce ad una bici per un ciclista abbastanza longilineo le cui misure degli arti inferiori assommano a 98 cm. Sono previste pedivelle di 17,5 cm.

 

 

10.5 - BIBLIOGRAFIA.

 

1) ZENO ZANI - Le tecnopatie nel ciclismo - EDILCICLO

2) RINO NEGRI - Quando la bici è arte - edizioni Landoni (Colnago)

3) BERNARD HINAULT - Ciclismo su strada -Sperling e Kupfer

4) EUGENIO CAPODACQUA - articolo "Nell'universo delle misure, un criterio matematico" rivista -La Bicicletta -.

( Lino Succhi )

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